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Quella dell'11 luglio 2021 non è una data come le altre. E' una di quelle che ti ricordi nei minimi dettagli finchè campi. Vincere l'Europeo in finale contro la nazione organizzatrice del torneo, con una squadra che per giunta non si era qualificata per gli ultimi mondiali, non capita ogni anno, e forse nemmeno 2 volte in una vita.

Ma andiamo con ordine...

Esattamente un mese prima della fatidica data, vi era a Roma la partita inaugurale di questo atipico Europeo di calcio, per la prima volta itinerante: a sfidarsi in uno stadio Olimpico a capienza ridotta a causa Covid vi erano Italia e Turchia. Non avevo il biglietto e pur sapendo di non entrare, decisi di prendere la macchina di mio papà e di partire da San Benigno Canavese alla volta di Roma, per vivere il prepartita con il mio amico Francesco di Bari che invece il biglietto ce lo aveva, e con Antonio e Riki che essendo di Roma "giocavano in casa". Prima di partire per il viaggio in solitaria, mentre mi sto preparando in camera mia, fisso la maglia ufficiale dell'Italia di Francesco Battaglia, ricevuta da mio fratello in regalo da Francesco dopo averla indossata al Mondiale under 20 e tenuta come una reliquia in un cassetto per più di 15 anni. Sento dentro di me che è ora di vestirla, è ora che ci porti un pò di fortuna, perchè si sa, dopo non essersi qualificati per gli ultimi mondiali, ce n'è bisogno.

Arrivato a Roma, ci dirigiamo sotto l'hotel dove alloggia la nazionale con un paio di fumogeni azzurri per dare la carica alla squadra, e poi dopo aver salutato Francesco che doveva entrare allo stadio, prendiamo posto in uno dei bar di Campo de Fiori per vedere la partita.

I goal di Immobile e Insigne, sommati ad un'autorete, regalano la vittoria agli Azzurri che non potevano iniziare il torneo meglio di così!

L'entusiasmo intorno alla squadra e al condottiero Mancini adesso è tangibile, e la maglia azzurra numero 3 porta fortuna!

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Le altre partite del girone e gli ottavi le vidi con gli amici tra San Benigno, Torino ed Ivrea, mentre la partita dei quarti contro il Belgio è stata per me personalmente la più difficile, in quanto ero in quarantena a Londra, e a vedere da solo a casa questo genere di partite non mi abituerò mai!

Sta di fatto che in un modo o nell'altro l'Italia è in semifinale. E io ancora tecnicamente in quarantena. Grazie al mio amico Simon, grandissimo tifoso della Lazio e della Nazionale che mi ha preso il biglietto senza chiedermi se lo volessi, ho la possibilità di vivere in prima persona allo stadio una partita di questi Europei, in cui l'Italia sta facendo meglio di quanto pronosticato da molti.

Di fronte abbiamo una Spagna che, pur non essendo la squadra stellare che vinse 2 europei e un mondiale in 4 anni, è sicuramente un avversario molto tosto. Il prepartita fuori dallo stadio di Wembley è una festa: tifosi di entrambe le squadre bevono insieme, discutono di calcio e della vita a Londra (essendoci la quarantena obbligatoria per entrare nel Regno Unito ci sono praticamente solo tifosi residenti in Inghilterra), in molti promettono che tiferanno per l'altra squadra in finale se stasera la loro dovesse uscire sconfitta.

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Entriamo allo stadio poco prima del fischio d'inizio, giusto in tempo per vivere il ricordo di Raffaella Carrà, grande cantante e tifosissima della nazionale, che purtroppo morì pochi giorni prima.

La partita è di grande sofferenza per noi tifosi italiani: per la stragrande maggioranza del tempo il possesso palla è in mano alla Spagna, che però non riesce a trovare la via del goal. Cosa che a sorpresa riesce all'Italia nel secondo tempo, al 60esimo minuto, con un guizzo di un Federico Chiesa in forma smagliante.

Sarebbe stato troppo facile andare in finale cosi, e infatti il vantaggio dura meno di 20 minuti; la Spagna trova il goal del pareggio, i tempi regolamentari finiscono in parità. Nemmeno la mezz'ora dei tempi supplementari riesce a decretare chi sarà la prima finalista, c'è bisogno dei calci di rigore. Grazie al sorteggio fortunoso di Capitan Chiellini i tiri dagli undici metri vengono calciati proprio sotto il settore occupato dai tifosi azzurri. Ottimo segno. Di quei frangenti ricordo molto poco, l'unico ricordo nitido che ho è l'esultanza mia e dei miei amici quando Jorginho calcia l'ultimo rigore, o meglio ancora prima che lo calci, perchè riesce a spiazzare il portiere ancor prima di colpire il pallone: come vediamo il portiere appoggiare il ginocchio a terra cominciano le grida di festa, e comiciamo ad immaginarci di nuovo in quello stadio maestoso pochi giorni dopo contro la Danimarca o i padroni di casa dell'Inghilterra.

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La sera successiva viviamo da spettatori interessati l'altra semifinale tra i danesi e gli inglesi. Quando ad avere la meglio, pur senza brillare o meritare più di tanto, sono i sudditi della Regina, capiamo che la domenica successiva ci avrebbe attesi una battaglia più che una partita. Niente più bevute in allegria fuori da Wembley, niente più ragazze o figli piccoli al seguito.

I giorni che precedettero la finale furono ovviamente di attesa spasmodica per la partita in sè, e alla tensione provata da tutti gli italiani in ogni parte del mondo, per noi italiani a Londra si sommava anche l'ansia per riuscire a trovare un biglietto. Solo 1000 biglietti vengono venduti in Italia, il grosso dei tagliandi viene venduto a coloro che vivono in Inghilterra. Ma la vendita sembra non cominciare mai, tanto che la maggior parte di noi ad un certo punto credeva che tutti i biglietti sarebbero finiti, come spesso succede in questi casi, nelle mani degli sponsor, o degli amici degli amici, tanto che ci stavamo organizzando per vederla in qualche ristorante italiano. Quando tutto a un tratto, un giorno e mezzo prima della partita, arriva la bella notizia: i biglietti sono in vendita! Grazie al mio amico interista Gianmaria, con il quale ho avuto il piacere di condividere un viaggio in Argentina nel quale abbiamo potuto vivere le emozioni del futbol, dell'asado e delle barras bravas, avevo questa volta la possibilità di vivere la finale contro gli inventori del football, del fish and chips e degli hooligans.

11 LUGLIO 2021

Questa uggiosa domenica di luglio, quella che avrebbe decretato la nazionale vincitrice dell'Europeo rimandato di 12 mesi a causa della pandemia, iniziò per me e altri ragazzi che sarebbero entrati a Wembley la sera nel migliore dei modi: giocando a pallone. Grazie all'invito da parte di una squadra di tifosi inglesi che regolarmente gioca partite di calcio a 11 contro altre rappresentative, disputammo una partita amichevole nello stadio del Chesham, un grazioso ed elegante sobborgo londinese, non molto distante dal maestoso stadio che poche ore più tardi avrebbe avuto gli occhi di tutto il mondo puntati a sè. Il risultato fu di 7 a 5 per i sudditi di sua maestà, ma per noi non fu un dramma visto che a differenza loro non avevamo mai giocato insieme nemmeno una volta.

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Nel tragitto per tornare a casa da Chesham, passammo con la metropolitana dalla stazione di Wembley Park, e anche senza scendere, potevamo sentire i cori dei tanti tifosi inglesi già in attesa della partita della sera, in molti già visibilmente alterati dall'alcool nonostante la finale fosse alle 20 ed era da poco passato mezzogiorno. Dopo un veloce pranzo, ci trovammo alla stazione di King's Cross per andare allo stadio in gruppo, rigorosamente con le stesse birre della semifinale, alla stessa ora della semifinale e con gli stessi Jeans, stesse scarpe e stessa maglia (ovviamente la numero 3 di Francesco Battaglia) della semifinale.

Quando tornammo a Wembley Park, la situazione era già degenerata: alcuni tifosi erano già entrati dentro i vari settori dello stadio, mentre molti altri, con o senza biglietto e sotto gli effetti dell'alcool e della cocaina, attaccavano o comunque insultavano e spintonavano i tifosi italiani o chi non aveva la maglia o la bandiera inglese. Io stesso ricevetti l'asta di una bandiera sulla testa mentre uscivo dalla stazione della metropolitana, non una bastonata per far male, ma una bastonata di scherno, come per dire "non puoi reagire perchè siamo 20 volte più di voi". Una reazione la ebbi, è naturale, ma i miei amici (e alcuni inglesi che assistettero alla scena, va detto) hanno fatto sì che la situazione tornasse subito sotto controllo; anche se "sotto controllo" è un eufemismo per quello che capitò quella sera: ovvero coppie di fidanzati aggrediti, gente senza biglietto che sfondava il prefiltraggio e i tornelli stessi, polizia che scortava chiunque avesse anche lontanamente l'aria di essere italiano per salvaguardarne l'incolumità.

Ho assistito a partite in posti molto caldi del pianeta, dal Sudamerica all'est Europa, posti dove gli scontri sono all'ordine del giorno, ma avvengono tra ultras, tra gente che cerca proprio quello, non in tanti contro pochi, soprattutto non in tanti contro gente che andava per la prima volta o quasi allo stadio in vita sua!

L'11 luglio 2021 il tanto decantato modello inglese ha miseramente fallito.

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Entrati nel nostro settore poco prima dell'inizio, riuscimmo a mettere in balconata la nostra bandiera italiana con la scritta West Kensington, togliendo una bandiera dell'Algeria (mi chiedo ancora oggi cosa ti possa passare per la testa per andare ad una finale di un europeo con la bandiera dell'Algeria).

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La partita fu una sofferenza ancora maggiore rispetto alla semifinale. Quando l'Inghilterra segnò il goal dell'1 a 0, pochi minuti dopo il fischio d'inizio, uno stadio per più di tre quarti colorato di bianco già infuocato si trasformò in un inferno vero e proprio. Gli inglesi festeggiavano la vittoria dell'Europeo (cosa che peraltro avevano già iniziato a fare a partire dal minuto successivo alla vittoria in semifinale), mentre noi sostenevamo come potevamo i nostri 11 in campo, pur sapendo che le speranze di vincere in casa dei più quotati inglesi si erano ulteriormente assottigliate.

Ma il calcio, si sa, non è una scienza esatta, non segue logiche prestabilite, e basta un piccolo imprevisto, un piccolo errore, o un sussulto di orgoglio quando tutto sembra perduto perchè le cose cambino improvvisamente. Quell'istante fu il minuto 67: il goal di Bonucci riportava le due squadre in parità.

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Proprio come le due semifinali, anche l'ultimo atto dell'Europeo vedeva le due contendenti equivalersi alla fine dei 90 più recupero.

I tempi supplementari, proprio come nella semifinale contro la Spagna di 5 sere prima, pur vedendo una superiorità evidente in campo dei nostri avversari, si conclusero senza reti.

L'Europeo sarebbe stato deciso ai rigori.

In quegli attimi le parole erano davvero ridotte al minimo, bastavano gli sguardi a dire tutto. Eravamo di nuovo in quella situazione che ci aveva regalato gioie immense, su tutte Berlino 15 anni prima, ma anche cocenti delusioni, come nel Mondiale di casa del 90, la finale di Usa 94, Francia 98. Quella traversa centrata da Di Biagio fu la prima grande delusione legata alla Nazionale di cui ho memoria. In quegli attimi ad ognuno di noi passarono dentro la mente quelle immagini in sequenza, come in un rewind. Ma in fondo non avevamo nulla da perdere. Non giocavamo in casa. Nessun giornalista ci aveva dati per possibili vincitori del torneo un mese prima. Spesso nel calcio la psicologia è più determinante della preparazione fisica o della bravura tecnica.

Sorteggio tramite lancio della monetina. Questa volta Chiellini non ha fortuna: i rigori vengono tirati nella porta opposta rispetto al settore con i tifosi azzurri. Brutto segno.

Dopo il primo rigore segnato da entrambe le squadre, il tiro dagli undici metri del "Gallo" Belotti viene parato. Bruttissimo segno.

Ora serve davvero un miracolo. Oppure un eroe inconsapevole.

Se il primo penalty mancato dall'Inghilterra, è dovuto al palo centrato da Rashford, il secondo è tutto merito di Gigio Donnarumma: l'attaccante classe 2002 Sancho interrompe la propria rincorsa, il nostro portierone non si fa sorprendere e buttandosi alla propria sinistra respinge il tiro. 

Ora "basta" segnare per portare a casa la coppa. Sul dischetto si presenta Jorginho, il rigorista della squadra azzurra, l'eroe della semifinale che con la sua freddezza ci ha regalato le emozioni della serata di questa sera. Sembra fatta.

Ma in una serata in cui tutto sembra andare al contrario, l'italo-brasiliano si fa intimorire dalla marea bianca alle sue spalle e dai giochini psicologici di Pickford: il suo è un tiro lento e prevedibile, che viene addirittura bloccato dall'estremo difensore inglese.

Sembra stregata.

Eravamo ormai sicuri di dover andare ad oltranza, e vivere altri minuti così intersi da sembrare anni. Invece ci pensò di nuovo il nostro eroe inconsapevole. Inconsapevole nel vero senso della parola. Mentre noi stavamo esultando come matti nel settore dopo la sua parata al rigore di Saka, il nostro portierone classe 1999 era ancora tutto concentrato ed impassibile. Unico pensiero chiudere la sua saracinesca come aveva fatto per tutta la durata del torneo. Non si era accorto che la sua parata aveva significato fine delle ostilità e coppa all'Italia. L'abbraccio travolgente di tutti i suoi compagni e dei dirigenti pochi secondi dopo lo riportarono alla realtà: l'Italia è Campione d'Europa! Per la sua seconda volta. Un titolo che mancava dal lontano 1968.

La festa sugli spalti fu incredibile, la commozione tangibile. La maggior parte dei tifosi azzurri era di giovane età, ma già con molte esperienze di vita nel proprio bagaglio. Molte di queste vissute proprio a Londra, la città dalle mille opportunità, ma per la quale spesso non siamo altro che lavapiatti o camerieri, per non dire mafia e mandolino.

Nella curva italiana c'erano anche "ragazzi" un pò più in là con gli anni, con i capelli bianchi e le rughe, alcuni venuti dall'Italia e presenti a Wembley eludendo la quarantena, perchè una finale di questi ragazzi umili e indiavolati non se la sarebbero persa per nessun motivo al mondo!

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Fummo gli ultimi a lasciare lo stadio. Era praticamente mezzanotte. Sono quei momenti che vorresti non finissero mai!

Una volta ritrovatici nel vialone che unisce il maestoso stadio con la stazione della metropolitana sembrava di essere nel deserto. Tutte le decine di migliaia di tifosi eccitati e festanti al grido di "It's coming home" erano scomparsi nel nulla.

L'arco di Wembley venne illuminato di verde, bianco e rosso. Un'altra immagine indelebile!

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Arrivato a casa riaccesi il cellulare e rimasi stupito dalla quantità di messaggi ricevuti. Certo, mi aspettavo che i vari gruppi Whatsapp sarebbero impazziti per la vittoria della Coppa, ma non mi aspettavo minimamente di ricevere centinaia di sms e messaggi su Messenger da ogni parte del mondo. Poco dopo capii il motivo di tutto ciò: ero stato inquadrato pochi istanti dopo che Capitan Chiellini aveva alzato la coppa, e le immagini erano finite nelle tv di tutte le emittenti mondiali. Che spettacolo ricevere i saluti da gente che non sentivo da dieci anni che mi diceva che le aveva fatto molto piacere vedermi felice e si complimentava con la vittoria meritata dell'Italia! Sembrava a tutti gli effetti un sogno!

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A convincermi che invece tutto era veramente accaduto sono stati i complimenti dei colleghi il giorno successivo e le prime pagine dei quotidiani italiani.

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Mentre invece nei quotidiani inglesi nessun attacco da parte del Presidente del Consiglio all'allenatore, nessuna gogna mediatica per i giocatori, niente processi per i dirigenti della federazione.

Nulla di nulla. Come se l'Europeo non fosse mai esisito.

Le differenze culturali...

DEDICATO AGLI ITALIANI CHE DOPO QUELLA MALEDETTA NOTTE DEL 29 MAGGIO 1985 NON SONO MAI PIU' RIUSCITI A RIENTRARE IN UNO STADIO.

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