
Galles
Cardiff
Nella mia mente la bellissima città di Cardiff verrà per sempre associata ad una giornata che fu allo stesso tempo una tra le più belle ed una delle più tristi della mia vita: 3 giugno 2017, finale di Champions Real Madrid-Juventus. Dopo un’attesa durata quasi un mese, finalmente all’alba di un mite sabato di giugno, 55 ragazze e ragazzi di Londra bianconera partivano dal Famous Three Kings di West Kensington alla volta del Galles.

Il viaggio, senza soste, a sottolineare la voglia di arrivare, la voglia di esserci in un evento così importante, passò velocemente grazie alla goliardia e all’aggregazione fraterna di decine di ragazze e ragazzi, provenienti da Paesi diversissimi, con le storie più disparate alle spalle, ma tutti accomunati da un immenso amore per il bianco e il nero.
Arrivammo a Cardiff verso le 11 nel piazzale dello stadio del Cardiff City, che venne utilizzato come area adibita ai tifosi italiani (sia come parcheggio dei mezzi sia come punto di ritiro dei biglietti della partita). Una volta che tutti i membri del gruppo ritirarono il biglietto, ci spostammo in corteo verso il centro della città: fu sicuramente il momento più bello che possa ricordare di quella giornata, e probabilmente anche di una vita al seguito della Vecchia Signora!
Una volta arrivati nei pressi del Millennium stadium, davvero una struttura imponente e bellissima, cominciò un lungo prepartita, vissuto in parte nell’area sponsor della Uefa, nella parte vicina al mare, e in parte nella zona dei pub vicino al castello di Cardiff (è anche più vicina al Millenium Stadium). Soltanto la birra e le chiacchierate con amici vecchi e nuovi (in particolare i ragazzi di Vercelli e quelli di Colombia bianconera) riuscivano ad attenuare la tensione che saliva ogni minuto di più.



Quando mancavano ancora più di tre ore al calcio di inizio, verso le quattro, un gruppetto di ragazzi ed io ci dirigevamo allo stadio per riuscire ad entrare tra i primi e prendere posto per lo striscione del nostro gruppo (i nostri biglietti erano per il terzo anello, mentre i gruppi ultras erano stati sistemati al primo). Riuscimmo nel nostro intento: dentro lo stadio, alle cinque, c’erano pochissimi tifosi della Juve e nessuno del Real Madrid; c’erano soltanto le bandierine delle coreografie, il tetto dello stadio chiuso (prima volta nella storia della Champions League) e un silenzio surreale.



L’atmofera cominciò a surriscaldarsi verso le sette, quando lo stadio era praticamente pieno in ogni ordine di posto e partirono i primi cori durante il riscaldamento delle squadre. Pochi istanti prima dell’inizio della finale, ci fu un’altra (triste) novità rispetto alle passate edizioni: il concerto pre-partita, in questo caso un’esibizione di qualche minuto dei Black Eyed Peas.
Una volta finita questa americanata e smontato il palco, finalmente cominciò la partita. Fu la Juve la squadra più pericolosa nei primi minuti, ma fu il Real a passare in vantaggio con Cristiano Ronaldo, proprio sotto la nostra curva. La risposta dei nostri arrivò quasi immediatamente: prima dell’intervallo Mandzukic portava il risutato sull’1-1 con una splendida rovesciata (che lo porterà ad agosto a vincere il premio di gol più bello della champions 2016-2017). A quel punto il peggio sembrava passato, tutti mi abbracciavano sapendo della mia mai nascosta ossessione per l’ariete croato. Poi purtroppo il secondo tempo vide una manifesta superiorità dei blancos, con la Juve che non riuscì mai a rientrare in partita. Molti giornalisti sostennero ci fosse stata una lite nello spogliatoio durante l’intervallo, a cui posso anche credere (parzialmente). Personalmente l’idea che mi sono fatto su come andò a finire quella partita è che la differenza fu dovuta alle sostituzioni: se nel Real Madrid entrarono Morata, Bale e Asensio, nella Juve al posto di Dybala entrò Lemina (con tutto il rispetto). Aspettammo comunque il fischio finale per togliere lo striscione e lasciare lo stadio. Una volta usciti, arrivò una notizia che ci fece passare dei momenti di vera angoscia: in piazza San Carlo, a Torino, c’era stato un attentato terroristico proprio dove veniva trasmessa la finale. Ognuno di noi aveva qualche amico che, non essendo riuscito ad avere il biglietto per Cardiff, era andato a seguire la finale a Torino di fronte al maxischermo. Io confesso di aver passato dei minuti di terrore: essendo ancora vicini allo stadio, dove c’erano 90mila persone, le linee telefoniche erano intasate e quindi non riuscivo a telefonare a coloro che potevano essere a Torino. Fortunatamente dopo qualche minuto riuscii a mettermi in contatto con mio cugino, che fortunatamente non era in piazza San Carlo; la sua risposta mi rassicurò molto, ma non del tutto, visto che ero certo che parecchie persone che conoscevo più o meno bene, si trovavano ora insanguinate in cerca di un’ambulanza e di un mezzo per raggiungere l’ospedale più vicino. Come se non bastasse, circa un’ora dopo arrivò a tutti noi, in attesa di risalire sul pullman per tornare a Londra, la notizia dell’attentato terroristico a London Bridge, proprio nel cuore pulsante della capitale inglese, città dove la maggioranza di noi studia, lavora e vive. Devo ammettere che per quanto io ami la Juve, in quei momenti i miei pensieri fossero tutt’altro che rivolti al calcio. Il giorno dopo venne a galla la notizia che a Torino non si trattò di attentanto, bensì di uno “scherzo”, che purtroppo costò la vita ad una ragazza di nome Erika; mentre a Londra l’attentato era tristemente vero, e venne rivendicato dall’Isis.
Questa giornata con emozioni così contrastanti, con un concentrato di avvenimenti e di notizie così intensi, mi ha dato la conferma che nei momenti belli, ma ancor di più nei momenti difficili, sono gli amici la cosa veramente importante; sono l’aggregazione e il reciproco sostegno che fanno la differenza, che fa si che a prescindere di come finisca la partita, si torni sempre a casa a testa alta!
LA JUVE NON E’ DI NESSUNO SE NON DELL’AMORE DI CHI LA VIVE!