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Tesi di laurea consegnata presso la Facoltà di Economia di Torino

Bora Bora: economia e turismo

BORA BORA: UN PARADISO IN TERRA IN MEZZO AL PACIFICO

 

Nell’immaginario collettivo il luogo perfetto per dimenticare i problemi e rilassarsi vivendo una favola è rappresentato da una piccola isola in mezzo all’oceano con l’acqua turchese e il sole alto nel cielo.

Se si aggiungono ancora un popolo sorridente e un’accoglienza molto calorosa, non si possono più avere dubbi, si tratta di Bora Bora!

Se la straordinaria bellezza del luogo è già evidente dall’aereo, la particolarità che sorprende una volta sbarcati sull’isola sono i vestiti molto colorati della popolazione locale e il suo modo di dare il benvenuto ai turisti. A partire dall’arrivo in aeroporto, dove i rappresentanti dei resort donano una collana di fiori tipici, fino all’accoglienza presso le strutture con una bevanda locale e una salvietta umidificata, il turista capta l’atmosfera più favorevole per vivere un’esperienza unica a contatto con la natura e un popolo non ancora “contagiato” dalla globalizzazione.

Bora Bora è una delle isole Sottovento, facente parte delle Isole della Società, in Polinesia Francese. Si trova a circa 260 km dalla capitale Papeete. La vera ortografia del suo nome è Pora Pora (“la prima nata” in tahitiano); viene anche chiamata Mai te pora (“creata dagli dei”).

Per quanto riguarda la Polinesia Francese, di cui Bora Bora fa parte, si tratta di un arcipelago molto esteso, con una popolazione di 273.814 abitanti nel 2012, di cui la capitale è Papeete, sull’isola di Tahiti.

 

Dalla colonizzazione a oggi: date importanti per la storia di Bora Bora

L’isola di Bora Bora è abitata dal IV secolo avanti Cristo; i polinesiani di una volta la chiamavano Vava’u. Per quanto riguarda i navigatori europei, Bora Bora è stata scoperta per la prima volta dall’olandese Jacob Roggeveen nel 1722. Successivamente, l’ isola è stata raggiunta da James Cook nel 1769. Nel 1820, i missionari protestanti inglesi sbarcarono sull’isola e vi aprirono il primo tempio.

La relazione tra la Francia e la Polinesia è stata stabilita numerosi anni fa. Nel 1843, un primo trattato fu firmato tra il re di Francia Luigi Filippo e la regina di Tahiti Pomare IV.

E’ alla fine del XIX secolo che la colonizzazione vera e propria ebbe inizio: fu nel 1888 che Bora Bora e tutte le isole Sottovento furono annesse alla Francia.

Con l’annessione delle isole Sottovento da parte della Francia, Bora-Bora divenne un territorio francese. Bisogna però sottolineare che contrariamente agli abitanti dell’antico regno di Tahiti, gli abitanti di Bora-Bora non ricevettero la cittadinanza francese. Come gli altri abitanti delle isole Sottovento, essi sottostavano allo statuto francese, adeguato al regime dell'indigenato (i cittadini di Bora Bora ottennero la cittadinanza francese soltanto con l’ordinanza del 24 marzo 1945).

Un fatto importante nella storia contemporanea di Bora Bora è la presenza tra il 1942 e il 1946 di truppe americane nell’ambito dell’operazione Bobcat, che ha lasciato sull’isola numerosi reperti rimasti praticamente intatti fino a oggi, come batterie anti-aeree, fortini, ma soprattutto la pista di atterraggio che restò per molto tempo la più estesa della Polinesia. L’operazione Bobcat, progettata per difendersi da un eventuale attacco da parte dell’esercito giapponese, ha richiesto l’impiego di 5000 soldati e 9 navi.

A partire dal 1958, la pista aeroportuale costruita dagli americani ha permesso l’apertura di una relazione tra Parigi e Bora Bora. Questo nuovo collegamento aereo segno l’arrivo dei primi turisti sull’isola. Ma sarà l’apertura nel 1962 dell’aeroporto internazionale Tahiti Faa’a, sull’isola di Tahiti, che permetterà lo sviluppo del turismo a Bora Bora. Il primo hotel aprì lo stesso anno, nella parte sud dell’isola.

Il 17 maggio 1972, Bora-Bora ottiene lo statuto di comune. Questo nuovo status giuridico e amministrativo è una tappa essenziale per lo sviluppo dell’isola. Nel 1984, una legge sancisce il primo statuto autonomo, permettendo ai territori polinesiani di issare la bandiera polinesiana di fianco a quella francese. Ma la vera e propria autonomia arriverà soltanto nel 2000.

A partire dal 2003 la Polinesia francese è legata alla Francia dallo status di “collettività d’oltre-mare” (una volta “territorio d’oltre-mare”).

 

Rapporti Francia-Polinesia

Ai nostri giorni, esiste una dualità per quanto riguarda gli organismi autorizzati a legiferare: da una parte il governo francese, dall’altra parte il governo locale; questa “coesistenza” dei due poteri è possibile grazie ad una precisa divisione delle competenze:

■Il governo francese resta incaricato della difesa nazionale, del mantenimento dell’ordine, dei problemi di nazionalità e dell’immigrazione, della giustizia, dell’educazione superiore, della ricerca. E’ rappresentato localmente da un Alto Commissario che è incaricaro delle libertà pubbliche e dei diritti individuali e collettivi.

■Il governo del territorio è incaricato in tutti gli ambiti non citati precedentemente (amministrazioni locali, educazione primaria e secondaria, tasse…).

 

Le istituzioni locali

La Polinesia francese è amministrata dai rappresentanti eletti da 3 istituzioni: il Governo, l’Assemblea, il Consiglio Economico, Sociale e Culturale (CESC).

Il Governo

Il Presidente del Governo della Polinesia francese è il capo dell’esecutivo e rappresenta il territorio e l’amministrazione territoriale. Nomina i ministri e il vice-presidente e presiede il consiglio dei ministri. Il Presidente  del governo viene eletto dall’Assemblea per 5 anni.

L’Assemblea

E’ la sede delle deliberazioni e dei voti riguardo gli orientamenti e le decisioni del governo. I suoi 49 membri vengono eletti a suffragio universale per 5 anni.

Il Consiglio Economico, Sociale e Culturale (CESC)

I suoi 41 membri sono ripartiti in 4 settori: i rappresentanti degli impiegati; degli imprenditori; degli agricoltori (inclusi pesca e artigianato); e un gruppo rappresentante delle associazioni culturali, sportive, educative o economiche. Le sue competenze sono consultive, ma può comunque condurre propri studi riguardo problematiche economiche, sociali o culturali.

 

Sperimentazioni nucleari francesi

Una materia che ha necessariamente legato la Polinesia alla Francia e che fa discutere ancora oggi è il centro di sperimentazione del Pacifico: il territorio polinesiano è stato utilizzato dalla Francia per delle sperimentazioni nucleari, che sono durate una trentina d’anni e che sono rimaste per molto tempo segrete.

Tutto cominciò nel 1966, quando la spedizione Alfa salpò da Toulon (23 marzo 1966) e arrivò in Polinesia francese (22 maggio 1966): comprendeva più di 3500 uomini e un gruppo aereo che comprende 24 aerei e 22 elicotteri.

La spedizione Alfa lasciò la Polinesia francese il 2 novembre 1966. La seconda spedizione Alfa salpò da Toulon il 12 marzo 1968 per arrivare in Polinesia il 16 maggio. Comprendeva la portaerei Clemenceau con diversi aerei.

In totale, vennero effettuate 46 sperimentazioni nucleari in Polinesia.

Oltre agli esperimenti aerei, furono realizzate anche sperimentazioni sotterranee. Dal 1975 al 1996, la Francia ha realizzato 146 sperimentazioni sotterranee in Polinesia. Furono effettuati nel sottosuolo e nella laguna degli atolli Mururoa e Fangataufa.

Il 6 agosto 1985 venne firmato il trattato di Raratonga (località delle Isole Cook), in cui si dichiarava il Pacifico Sud zona denuclearizzata. La Francia non si associò. Il 15 luglio 1991 viene effettuata l’ultima sperientazione francese nel Pacifico prima della moratoria di un anno decisa dal presidente François Mitterrand l’8 aprile 1992, e poi rinnovata. Il 13 giugno 1995 il presidente Jacques Chirac rompe la moratoria e ordina la realizzazione di un’ultima campagna di sperimentazioni nucleari nel Pacifico. Questa ultima campagna ha come obiettivo quello di completare i dati scientifici e tecnici per passare definitivamente alla simulazione.

Questi esperimenti nucleari, 6 in totale, terminarono con l’ultimo test il 27 aprile 1996 a Fangataufa.

Nel marzo 1996, la Francia firma i protocolli del trattato di Rarotonga (creazione di una zona denuclearizzata nel Pacifico del Sud). Il 24 settembre 1996, la Francia firma il trattato di interdizione completa delle sperimentazioni nucleari e inizia immediatamente a smantellare il Centro di sperimentazioni del Pacifico.

Quando gli esperimenti furono terminati, la Francia firmò il “Patto del Progresso” con il governo locale con il fine di compensare le perdite di risorse finanziarie. Era inizialmente previsto per 10 anni (1996-2006) e per un totale di circa 1 milliardo di franchi francese all’anno (circa 150 milioni di euro); questo limite fu in seguito rinnovato e poi reso definitivo nel 2010 sotto forma di 3 pagamenti. I trasferimenti finanziari diretti dalla madrepatria verso le collettività Polinesia francese nel 2006 corrispondono, secondo la Corte dei conti, a 590 milioni di euro: 232 milioni di euro sotto forma di sovvenzioni e 357 milioni di euro come contributo ai salari degli insegnanti.

Lo stato francese pubblica ogni anno l’ammontare delle spese dello stato in Polinesia francese: 179 miliardi di franchi nel 2010, ovvero 1,5 miliardi di euro. Questa cifra corrisponde ai salari degli insegnanti, ai versamenti delle pensioni degli agenti statali presenti sul territorio, ai costi delle missioni diplomatiche dello stato (Giustizia e Sicurezza per esempio). Non viene percepita alcuna imposta o tassa sul territorio da parte dello Stato. Il tasso di prelievi obbligatori (fisco e contributi sociali) è piuttosto moderato ma è visibilmente aumentato, passando dal 27% nel 1995 al 38% del Pil nel 2010: ciò è dovuto alla messa in opera degli ammortizzatori sociali e alla moltiplicazione degli stabilimenti pubblici.

Conseguenze per la salute delle sperimentazioni nucleari

Secondo il parere di diversi esperti, gli esperimenti nucleari francesi sarebbero all’origine dei tumori dei militari. Le persone sottoposte agli effetti della radioattività generata dagli esperimenti nucleari sono classificate in 2 categorie: la prima riguarda il personale direttamente legato alle sperimentazioni, il personale dell’esercito, delle imprese, i lavoratori impiegati sul posto, la seconda riguarda le popolazioni vicine ai luoghi in questione. La Francia ha promulgato nel 2010 una legge sul riconoscimento e l’indennizzo delle vittime delle sperimentazioni nucleari effettuati dal 1960 al 1996.

 

La moneta polinesiana

Gli hotel, i ristoranti e tutti gli operatori che vendono escursioni e servizi accettano tutte le principali valute del mondo (dollaro USA, dollaro australiano, franco svizzero e, ovviamente, l’Euro, che è la moneta adottata dalla Francia).

Ma nonostante sia possibile regolare i pagamenti con un gran numero di monete straniere, la Polinesia adotta una valuta nazionale, il franco del Pacifico. Si tratta di una moneta creata nel dicembre del 1945, dopo gli accordi di Bretton Woods. A partire dal 1 gennaio 1999, il suo cambio è fisso: 100 XPF = 0.8380 euros, quindi 1 euro ≈ 119.33 XPF.

XPF è la sigla ufficiale del franco del Pacifico secondo l’ ISO 4217, l’istituto internazionale che definisce i codici di 3 lettere per le valute di tutto il mondo. Ma esiste un’ulteriore abbreviazione per indicare il franco del Pacifico, ovvero CFP, che significa “franco delle Colonie francesi del Pacifico”: la motivazione è da ricercare nel fatto che questa moneta viene utilizzata anche in Nuova Caledonia e Wallis et Futuna (di seguito verrà sempre utilizzato CFP).

La presenza di una valuta locale rappresenta un’enorme fonte di guadagno e un consistente aiuto all’economia polinesiana. Se da una parte è vero che il franco polinesiano si ottiene senza commissioni se lo si domanda presso una banca o alla reception dei resort presentando valute estere, è altrettanto vero che verranno poi chieste alte commissioni per avere valute straniere presentando franchi polinesiani. Siccome i franchi non possono essere scambiati presso le banche al di fuori della Polinesia, i turisti sono spinti a spendere il denaro che hanno cambiato all’inizio del soggiorno prima di lasciare l’arcipelago.

 

 

Economia polinesiana: bilancia commerciale

Il turismo e la cultura della perla sono le principali attività economiche di queste isole. L’economia della Polinesia francese è più povera rispetto a quella dei paesi sviluppati: il PIL totale è di 536 miliardi di franchi, con un PIL pro-capite di circa 1598200 franchi (13.393 euro), ovvero poco più della metà del PIL francese. La Polinesia Francese risulta però più ricca rispetto alle altre Collettività d’Oltre mare: fa parte dei Paesi e territori più ricchi del Pacifico del Sud dopo Australia, Nuova Zelanda e Nuova Caledonia.

La bilancia commerciale (servizi esclusi) è molto squilibrata: 147 miliardi di importazioni (1,23 miliardi di euro) contro 12,5 di esportazioni (104.751.530 euro), principalmente dovuto da prodotti legati alle perle.

 

Beni esportati*

 

Perle, monoi, madreperla, pesce, vaniglia

Beni importati

 

Prodotti energetici, beni d’equipaggiamento prodotti delle industrie agro-alimentari, beni intermediari, beni di consumo non alimentari

 

*I principali Paesi clienti sono: Honk-Kong 34%, Giappone 31,7%, Francia 9,2%, Stati Uniti 7,4%.

 

Il settore commerciale rappresenta i due terzi del PIL. Il solo settore terziario concentra i tre quarti del PIL commerciale.

La pesca e la produzione di coprah (olio di cocco) sono le due principali attività tradizionali. Tahiti esporta anche vaniglia, frutta, fiori, prodotti cosmetici come l’ylang-ylang, il monoi, il noni, oltre a pesci da acquario.

L’industria si basa principalmente su quattro pilastri: agroalimentare, cantieri navali e beni intermediari per costruzioni e attività di trasformazione (mobili, tessile, stamperie…). Il settore industriale rappresenta il 9% del Pil commerciale nel 2006. Diversi settori sono protetti da tasse sull’importazione che vanno a colpire i prodetti importati favorendo i prodotti locali concorrenti (tra il 2% e l’82% di tasse). L’artigianato conta circa 13000 persone; circa 8000 artigiani sono censiti presso la Camera di commercio, industria e mestieri (CCISM).

Il turismo in Polinesia francese rappresenta il 13% del PIL. Tra il 2000 e il 2007, l’arcipelago ha accolto in media tra 215000 e 220000 turisti ogni anno. Nel 2008, il turismo ha generato 42,5 miliardi di CFP (351.965.140 euro) di fatturato sul territorio.

 

 

 

 

Perle

La “Perla nera” di Bora Bora è molto conosciuta nel mondo intero grazie alla sua qualità e alla sua finezza, che ne fanno un oggetto di grande charme, desiderato da tutte le donne (ma non soltanto).

Facendo un giro per Bora Bora, è impossibile non imbattersi in una boutique di perle, dove i turisti possono acquistarne di tutte le qualità e prezzi.

A volte è anche possibile visitare l’angolo di mare dove le perle sono allevate e dove ha luogo il loro trattamento.

La perlicoltura ha un origine piuttosto recente: fu sperimentata negli anni 1970 ma non è stata veramente lanciata fino agli anni 90. Questa attività assicura una remunerazione a 7000 persone e ha generato un fatturato di 18 miliardi di CFP nel 2004 (150.842.200).

 

 

Fiscalità

Per quanto riguarda la fiscalità, la Polinesia francese ha un regime fiscale specifico molto diverso da quello della Francia. Esiste anche una legge di defiscalizzazione locale, il cui obiettivo è favorire gli investimenti immobiliari da parte di capitali polinesiani. La legge “Girardin”, una volta legge Pons, è una legge di defiscalizzazione metropolitana avente come obiettivo quello di attirare gli investimenti metropolitani in Polinesia.

Esistono delle tasse all’entrata per i prodotti esportati: ciò spiega i prezzi elevate che sono praticati. D’altra parte, non ci sono imposte sui redditi, ma le imposte per le società sono più alte. Infine, l’IVA  (introdotta soltanto a partire dal 1998) non è allo stesso livello di quello della Francia; dal 1998, è stata introdotta in Polinesia l’IVA sue prezzi dei beni e servizi, includendo camere d’hotel, i trasporti, le attività e le escursione, cibi e bevande. L’IVA sui servizi turistici è del 10%, mentre sulle camere d’hotel, cibi e bevande è del 6%.

Inoltre, esiste la tassa di soggiorno, e altre tasse che vengono aggiunte ai prezzi delle camere o delle crociere: esse sono destinate alla protezione dell’ambiente, alla creazione di infrastrutture pubbliche e a supportare eventi come l’Hawaiki nui va’a ou le Heiva.

  1. Tassa di soggiorno (i bambini con meno di 12 anni non sono assoggettati a questa tassa)

■150 CFP al giorno a persona negli hotel di categoria;

■50 CFP al giorno a persona negli hotel non di categoria.

 

  1. Tassa per lo sviluppo turistico sulle camere d’hotel di categoria e le crociere:

  2. 5% sulle camera d’hotel di categoria;

  3. 200 CFP al giorno a persona sulle crociere.

 

 

 

Investimenti diretti stranieri

La Polinesia francese beneficia di trasferimenti pubblici considerabili, sotto forma di trasferimenti correnti che compensano lo squilibrio strutturale del commercio estero e lo aiutano a svilupparsi.

Malgrado la sua appartenenza alla Francia, la Polinesia francese non è un territorio comunitario, bensì un paese e territorio d’oltre-mare (P.T.O.M.) associato alla Comunità europea: questo statuto le permette di beneficiare di un certo numero di sovvenzioni e di programmi di finanziamento comunitari.

Ciononostante, malgrado la varietà di finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo della Polinesia, questi non possono assicurare da soli lo svipuppo economico durevole del paese: l’intervento di capitali privati è pertanto essenziale.

Se si considerano le misure fiscali che stimolano gli investimenti privati come strumento per lo sviluppo, le quali sono largamente utilizzate per la promozione degli investimenti nei paesi in sviluppo e emergenti, permettono di compensare il rischio politico e di mettere in sicurezza l’investimento.

Per la Polinesia francese, la messa in opera di misure di incitamento fiscale e di aiuto finanziario diretto viene fatto più con un obiettivo di compensazione dei suoi handicap strutturali, con il fine di stabilire un ambiente propizio alla concorrenza e capace di attirare dei flussi di investimenti privati sufficienti per consolidare la sua economia.

In effetti, l’isolamento geografico, la lontananza dai mercati potenziale, come quello dei fornitori di materie prime, la dipendenza dall’estero per la fornitura di beni di consumo, sono degli handicap da tenere in considerazione per realizzare un investimento in Polinesia francese.

L’investimento estero presenta un interesse per il paese che lo riceve, poiché offre, da una parte, una nuova fonte di finanziamento, spesso complementare, e d’altra parte, dei trasferimenti di capacità, per esempio in ambito tecnologico. Allo stesso tempo, porta con sé competenze e capacità di gestione nuove, può accrescere la produttività, la competitività e facilitare l’integrazione della Polinesia in un’economia mondiale in rapido cambiamento.

L’arrivo di un investitore straniero permette altresì di innalzare gli standard di settore per le imprese per effetto del “benchmarking”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Esempi di imprese che hanno investito a Bora Bora: Hilton e South Pacific Management

 

Hilton Bora Bora Nui Resort & Spa

Si tratta di un resort 5 stelle, con camere sulla spiaggia e camere giardino, oltre ai tipici bungalow in mezzo al mare: il prezzo di una notte nel mese di maggio è compreso tra 290 e 880 euro, in agosto tra i 330 e i 990 euro.

Hilton Bora Bora Nui Resort & Spa appartiene alla società madre Hilton Worldwide, che ha sede sociale a New York ed è proprietaria di 540 hotel in 78 nazioni.

Nel 1919, il suo fondatore Conrad Hilton acquistò il primo hotel dando vita alla Hilton Hotel Corporation (antico nome di Hilton Worldwide).

Dopo diversi passaggi di proprietà, dal 2007 Hilton Worldwide è controllata dalla mastodontica finanziaria Blackstone; Hilton è tornata in borsa nel dicembre 2013 e oggi il valore dell’impresa è di 32 miliardi di dollari.

Bora Bora Pearl Beach Resort & Spa

E’ un resort 5 stelle, con camera sulla spiaggia e camera giardino, oltre ai tipici bungalow in mezzo al mare: il prezzo per una note a maggio è compreso tra i 280 e i 900 euro, in agosto tra i 495 e i 1030.

Bora  Bora Pearl Beach Resort & Spa fa parte del gruppo South Pacific Management, la cui sede sociale è a Papeete (Tahiti); nata nel 1987, possiede 4 resort in 4 isole della Polinesia: Manava Suite Resort Tahiti, Moorea Pearl Resort & spa, Tikehau Pearl Beach Resort, oltre al Bora Bora Pearl Beach Resort & Spa.

E’ il rispetto della tradizione e della cultura polinesiana a farla da padrone tra le linee guida del gruppo.

Questi estratti, presenti sul sito Internet di Spm, testimoniano l’impegno della società nello sviluppo sostenibile e nello sviluppo dell’economia locale, per esempio con la priorità alla mano d’opera polinesiana:

“Operiamo per lo sviluppo sostenibile in Polinesia francese. La nostra volontà di privilegiare l’istallazione di hotel in isole preservate dipende anche dalla nostra capacità di costruire strutture che rispettino il loro ambiente naturale, di favorire l’impiego locale e salvaguardare il benessere presente e futuro dei polinesiani.

Da anni, le nostre equipes operano quotidianamente per preservare le acque, favorire le energie alternative, utilizzare prodotti di origine naturale e biodegradabili, riciclare i rifiuti e ancora trattare appositamente le acque di scarico. La nostra responsabilità societaria e ambientale è impegnata a fianco di associazioni ed imprese polinesiane che operino nella stessa direzione.

Gruppo polinesiano, Spm impiega, nella totalità dei suoi hotel, personale locale di ciascuna delle isole dove è impiantata, partecipando così allo sviluppo della sua economia. Legni preziosi, bambù, pandanus, foglie di palma, tutti gli hotel sono costruiti con materiali locali e secondo la tradizioni polinesiane”.

 

Offerta turistica

Ogni anno, Bora-Bora accoglie circa 20.000 turisti.

Le strutture ricettive sono uniche al mondo e caratterizzano l’offerta turistica della regione: la Polinesia è il solo luogo (insieme alle Maldive) dove si può dormire in dei bungalow-palafitta direttamente “sull’acqua”.

Bora Bora conta circa 20 stabilimenti hotelieri, dalle piccolo pensioni famigliare fino agli hotel più lussuosi. Sono principalmente istallati nelle parte sud dell’isola principale, a Matira, e sui caratteristici motu (isolotti) che contornano la laguna.

 

 

 

Attività ed escursioni proposte sull’isola

Il gran numero di attività proposte permette a tutti di divertirsi.

Le escursioni consigliate sono l’immersione subacquea e lo snorkeling nella laguna, per ammirare la bellezza dei coralli. Un’altra escursione in mare, più particolare ma molto amata dai turisti, è il bagno con gli squali, che non sono pericolosi in quanto mangiano soltanto plancton. Lo sci nautico, le moto d’acqua e la pesca completano l’offerta di attività di mare.

Per quanto riguarda invece le attività di terra, è possibile scoprire la natura vergine di Bora Bora facendo passeggiate a piedi con una guida o con fuoristrada 4X4.

 

 

 

I turisti a Bora Bora

Bora Bora è una località turistica molto celebre nel mondo intero, e dunque i turisti provengono dai Paesi più disparati.

Si tratta nella quasi totalità dei casi di coppie, generalmente ricche visto l’alto prezzo dei resort, o in luna di miele, che hanno la possibilità di andare a Bora Bora grazie al regalo di parenti e amici, o grazie ai risparmi di una vita.

Grazie a questi fattori il turismo a Bora Bora non ha conosciuto la crisi, in quanto accogliendo gente ricca di tutto il mondo e coppie di tutto il mondo, la domanda non si è abbassata.

 

 

 

Diverse culture, diversi comportamenti e accoglienza

Quando si parla di una località turistica che accoglie turisti di diverse nazionalità come nel caso di Bora Bora, occorre considerare la profonda differenza tra le culture dei Paesi dove essi vivono: ciò comporta diverse attese, diversi desideri e diverse reazioni alla medesima situazione.

Nei prossimi paragrafi verranno esaminate le caratteristiche e i comportamenti dei turisti con il maggior numero di presenze a Bora Bora secondo la loro nazione di origine.

Le informazioni sono basate sui commenti che i turisti lasciano alla fine della loro vacanza nei “questionari di soddisfazione del cliente”.

Francia

I turisti francesi rappresentano una discreta percentuale del totale durante tutto l’anno, circa il 10-15%.

Essi hanno il vantaggio di conoscere la lingua, poiché la Polinesia è una collettività-d’oltre mare che appartiene alla Francia.

Si tratta di un turista esigente, che ricerca la qualità dappertutto; il fatto che parti la stessa lingua della popolazione locale è sicuramente un fattore positivo per la comunicazione, ma è anche una responsabilità maggiore per coloro che lavorano nelle strutture, poiché il turista francese esige che la lingua sia parlata correttamente. Normalmente vista la distanza i francesi non ritornano una seconda volta a Bora Bora.

Spagna

Anche gli spagnoli costituiscono circa una percentuale tra il 10 e il 15% del totale.

La lingua spagnola è conosciuta da un buon numero di persone a Bora Bora, e che non parla lo spagnolo comunica con l’inglese.

Il problema principale per il turista spagnolo riguarda gli orari della giornata e dei pasti; siccome Bora Bora si trova al livello dell’Equatore, il sole sorge e tramonta molto presto, con la conseguenza che gli orari dei pasti sono anticipati rispetto alla Spagna, dove normalmente si mangia tardi.

Ovviamente non è possibile cambiare gli orari del sole, ma per il resort è importante considerare questa abitudine per evitare che i clienti si lamentino, cosa veramente rara tra gli spagnoli, che hanno il tasso di soddisfazione più alto.

Nonostante siano normalmente soddisfatti della loro permanenza sull’isola, nella maggior parte dei casi non ritornano una seconda volta a causa della distanza e del prezzo del volo.

 

Giappone

Per la clientele giapponese è prevista la modalità di accoglienza più particolare e differenziata rispetto agli altri.

I turisti giapponesi, con una percentuale tra il 10 e il 20%, necessitano di un trattamento speciale, non soltanto per un fattore linguistico.

La loro lingua molto diversa rispetto agli altri e difficile da apprendere è, certamente, il primo ostacolo per la comunicazione, ma la presenza fissa nella totalità dei resort di personale giapponese si spiega soprattutto con la differenza culturale. Il personale giapponese si occupa dei loro compatrioti a partire dal loro arrivo al resort fino alla fine del soggiorno, rispettando una serie di regole di comportamento e formule colloquiali specifiche del Giappone.

Una particolarità nel comportamento dei clienti giapponesi riguarda il loro modo di agire quando succede qualcosa che non è di loro gradimento: non si lamentano mai, né durante il soggiorno né quando compilano il questionario alla fine della vacanza; qualora abbiano avuto dei problemi si lamentano, però, con l’agenzia con cui hanno prenotato una volta rientrati in Giappone.

Se l’esperienza a Bora Bora è stata positiva, c’ è la possibilità che vi ritornino.

 

Stati Uniti

I turisti nordamericani sono tra il 10 e il 20% del totale.

Rappresentano una clientela abituata a viaggiare e che dunque conosce molto bene gli standard di qualità; gli statunitensi danno volentieri una mancia se il servizio li soddisfa (abitudine che proviene dalla loro cultura dove è obbligatoria), ma si lamentano se c’è un problema o un ritardo, e a volte anche se un addetto vuole scherzare.

Sono turisti esigenti anche per quanto riguarda la lingua, in quanto essi parlano la lingua utilizzata nel mondo intero e dunque pensano che chiunque la conosca e la parli bene.

Vista la distanza ridotta tra Stati Uniti e Polinesia, spesso e volentieri i turisti americani tornano a Bora Bora una seconda volta.

Italia

I turisti italiani sono senza dubbio I più numerosi a Bora Bora. La percentuale oscilla tra il 25/30% e il 60/70% in certi periodi, per esempio durante l’estate.

La maggior parte dei clienti italiani vanno a Bora Bora in luna di miele: vista l’unicità del viaggio vogliono che tutto sia perfetto, soprattutto vogliono essere trattati e serviti bene.

Il turista italiano non capisce perché la lingua italiana non sia molto conosciuta nonostante sia l’idioma parlato dalla maggioranza dei clienti: un buon numero di italiani non parla altre lingue, quindi a volte possono esserci problemi di comunicazione.

Ma il “vero problema” degli gli italiani è la cucina: la qualità del cibo è considerata come uno degli elementi più importanti, e quindi i piatti di cattiva qualità possono condizionare il loro umore e innescare una spirale di altre lamentele che modifica la percezione del soggiorno.

A causa della distanza e del costo del viaggio aereo, gli italiani ritornano difficilmente a Bora Bora.

 

 

 

Europa centrale

I clienti che provengono dalla Germania, Paesi Bassi, Belgio e Inghilterra sono veramente rari (meno del 5%).

La causa della loro indifferenza verso Bora Bora deve essere ricercata nell’immagine di se stessa che la “Perla del Pacifico” mostra al giorno d’oggi:  è diventata una destinazione superturistica, cosa che non stimola la domanda dei tedeschi e dei loro vicini, sempre alla ricerca di località vergini e di nicchia.

La loro accoglienza non presenta alcun problema poichè sono turisti abituati a viaggiare e normalmente parlano più lingue oltre ad un ottimo inglese.

Come gli altri europei, anch’essi non ritornano a Bora Bora una seconda volta a causa degli elevate costi per raggiungerla.

 

Cina-Russia

I turisti cinesi e russi sono una novità in Polinesia. Fino agli ultimi anni del secolo scorso, i loro Paesi erano molto poveri ed essi non avevano né l’idea né la possibilità di viaggiare. Oggi, al contrario, anche se la loro presenza è molto limitata, ci sono alcuni clienti che provengono da questi “nuovi giganti” dell’economia mondiale.

E’ facile comprendere che si tratta di pionieri, dunque di turisti che normalmente non sono abituati a viaggiare e che non hanno mai sentito i racconti dei viaggi dei loro compatrioti. Per queste ragioni, la loro accoglienza può essere problematica, non soltanto a causa della lingua, ma anche perché essi non conoscono completamente i comportamenti che devono essere seguiti in un contesto internazionale. Il personale deve allora spiegare bene tutte le regole che devono essere seguite, con una cura maggiore rispetto agli altri turisti, senza omettere dettagli che potrebbero sembrare superflui per una clientela più abituata a viaggiare nel mondo intero.

 

 

 

 

 

RINGRAZIAMENTI

Avrei potuto laurearmi prima, avrei potuto laurearmi con voti più alti… ma mi sono laureato, fanculo a tutto il resto! Vorrei ringraziare tutti i professori e coach della Saa, e i professori della Facoltà di Economia per tutto quello che, chi più chi meno, mi hanno insegnato in questi 3 anni, in particolare il Professor Ruggero Druetta per aver accettato di avermi come tesista.

Ringrazio Christophe Bonnafous per l’ospitalità ad Andorra dove ho fatto lo stage, e per il grande aiuto per la tesi.

Ringrazio i professori, i miei compagni e tutto l'Istituto Luxemburg per avermi permesso di cambiare scuola e cambiare vita nel 2008 (e avermi dato materialmente la possibilità di vivere l'esperienza di Bora Bora).

Ringrazio di cuore I miei genitori e mio fratello Ezio per avermi aiutato, supportato e sopportato  giorno dopo giorno, e Daria Pittalis: purtroppo è finita come nessuno avrebbe voluto, ma non mi dimenticherò mai del fatto che mi sei stata accanto nei momenti più difficili.

Ringrazio infine tutti quelli che mi hanno messo i bastoni tra le ruote, senza di voi non sarei quello che oggi sono.

Dedico questa laurea a mio nonno Michele, sempre nel mio cuore ogni giorno: se tu avessi avuto le mie possibilità 60 anni fa avresti fatto molto meglio.

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